I Pupazzi e i mobili presenti in questa pagina sono pezzi unici non riproducibili su misura.
Le serie serie Pupazzi, Avatar e Balocchi sono esperimenti di art-design, il terreno di sperimentazione e di ricerca della nostra falegnameria e sono frutto di un percorso artistico e costruttivo che ogni tanto genera un nuovo esemplare.
Sono ordinabili solo i Pupazzi presenti nello shop online, ossia solo quei pezzi unici che di volta in volta produciamo ed esponiamo nel nostro showroom.
Il resto del nostro catalogo è invece progettabile e personalizzare al 100%, potendo scegliere le misure, i colori, le finiture e i materiali.
La serie dei mobili “Pupazzi” rappresenta la parte più sperimentale del nostro laboratorio, la frontiera della nostra ricerca sui materiali e le forme, lo spazio di assoluta libertà creativa che ci concediamo di tanto in tanto.
I Pupazzi sono dei piccoli mobili polifunzionali, un formato “tascabile” nato nel 2011, quasi per caso.
Avevamo raccolto degli affascinanti ruderi nelle cantine di nostri amici: ferraglia e pezzi di legno che ci parlavano, proprio come Pinocchio. L’idea era quella di sperimentare alcune combinazioni di questi relitti con i colori vivaci di una laccatura industriale.
Ad oggi abbiamo disegnato e realizzato più di 150 Pupazzi, ognuno diverso dall’altro.
Scopri i Pupazzi immediatamente disponibiliVolevamo ottenere effetti surreali, contrasti forti; volevamo somministrare una ricostituente iniezione di ironia a pezzi di legno ingrigiti dal tempo. Col tempo i materiali di rivestimento-travestimento sono diventati tanti: ferro, rame, plastica, pannelli verniciati, vetro, specchi, tessuti, frammenti di vecchi oggetti, giocattoli, resine, lavagne e cartelloni.
La pratica del riutilizzo di materiale recuperato ha affinato nel tempo il nostro fiuto. Ormai scorgiamo una possibilità di nuova vita estetica praticamente in tutto.
Abbiamo nel tempo creato uno sgangherato esercito di esserini dalle forme bizzarre: robottini obsoleti, elettrodomestici della nonna, animali immaginari, scatole parlanti. I primi prodotti di questa sperimentazione ci sono sembrati subito dotati, a modo loro, di capacità empatiche particolari, un po’ come i pupazzi che i bambini stringono a sé prima di addormentarsi. E così li abbiamo chiamati.
Alcuni, destinati ad essere comodini , sono diventati mobili da salotto. Altri, che avevamo pensato come mobiletti da ingresso, sono finiti in bagno o in cucina. Quelli che invece avevamo visualizzato vicino ad un comodo divano sono finiti in camera, comodini nati!
Abbiamo portato i primi pupazzi ad una fiera nel dicembre del 2011, a Roma: Sette mobiletti che si stavano giocando la possibilità di una loro progenie. Erano vagamente imbarazzati – era la nostra prima fiera importante -, fingevano una disinvoltura da freddi commercianti. Ne abbiamo venduti due e altri tre sono finiti in un negozio a Pistoia.
Nel 2012 abbiamo deciso di fare una seconda “sfornata” di Pupazzi. Ci siamo messi a disegnare per settimane, in treno, al bagno, ovunque. Il laboratorio si è riempito di foglietti con strani affreschi primitivi . Sono nati il “riccio”, il “sergente con gli occhiali”, lo “sciatore” e un robottino con la pancia a ribalta. Li abbiamo portati a Firenze, Milano e Perugia, ne vendevamo due o tre per fiera, non di più. Ma alla fine anche la seconda serie si è esaurita.
Questa innata imprevedibiltà d’uso è diventata il punto forte dei Pupazzi: nel 2014 abbiamo fatto sei Pupazzi per un locale; la loro onorevole funzione? Bidoni per la raccolta differenziata!
Sulle ali del successo abbiamo costruito un mobile bacheca di tre metri per tre, che ospitava nove pupazzi, e abbiamo realizzato la terza e la quarta serie. Per evitare ogni forma di suggerimento didascalico abbiamo rinunciato a chiamarli con un nome. Così la collezione dei pupazzi è semplicemente una serie numerica, potenzialmente infinita, di pezzi unici: #1, #2, #3, ecc..
Esistono pupazzi fratelli, è vero, ma mai gemelli: il modulo è lo stesso, ma il vestito è un altro. Il processo creativo della costruzione di un pupazzo è un gioco con regole che cambiano di continuo.
Ogni tanto nel mezzo di un lavoro più grande, uno di noi, come folgorato da una visione, si mette a fare un pupazzo. Il gioco ha portato ad un vero e proprio albero genealogico di pupazzi. Siamo arrivati a cinquanta e poi a cento. A settembre 2016 è nato il pupazzo #120.
Il progetto dei pupazzi ha il merito di averci portato fuori dai binari della falegnameria e di averci catapultato in una dimensiona ludica, a tratti performativa, a metà tra Geppetto e il Dottor Frankenstein. I pupazzi hanno assunto nel tempo formati diversi: librerie, totem, credenze, armadietti: questa breve storia è una fotografia del percorso di questo progetto, che intende mostrare tutte le sue future potenziali direzioni.
Ammettiamo candidamente che la passione e la libertà con la quale, negli anni, abbiamo portato avanti la nostra ricerca ci ha condotto in territori a volte molto lontani da quelli di partenza. Alcuni progetti sono rimasti aperti, alcuni pezzi non hanno avuto un seguito.
Abbiamo inserito in questa sezione una selezione degli spunti per noi più significativi che speriamo di poter sviluppare nei prossimi anni.
Lo studio che in questi anni abbiamo fatto sulle librerie e sulle pareti attrezzate, spingendoci ai limiti della ricerca del movimento e della leggerezza, ci ha posti di fronte a numerosi problemi costruttivi e progettuali. Una soluzione interessante, in grado di coniugare libertà espressiva e semplicità costruttiva, ci è venuta usando le lamiere di ferro forate e colorate. L’idea è quella di fissare il gioco sinuoso delle mensole e dei moduli contenitori ad un supporto in ferro, più semplice da montare e trasferibile al mutare delle esigenze. La forma delle lamiere colorate contribuisce a rendere dinamico il disegno della parete. Due prototipi di Librerie “Retina” sono entrati a far parte della mostra Mutabor nel marzo 2016.
Nel mese di novembre 2015 abbiamo realizzato la prima parete attrezzata utilizzando semplici parallelepipedi in legno e Mdf laccato, disposti uno sull’altro e fissati al muro con stop nascosti. Abbiamo dato a questi parallelepipedi il nome di “Scatole”. Nei mesi seguenti abbiamo realizzato numerosi progetti con le “Scatole” e li abbiamo inclusi nella nostra mostra “Mutabor”. Scatole capovolte, aperte, chiuse, grandi, piccole, una sopra l’altra, colorate o bianche, in legno o con materiali di recupero. Abbiamo inventato animali stilizzati che salgono sopra ai mobili e ai termosifoni, e pareti a giorno che separano i differenti ambienti di una casa.
Inizialmente abbiamo disposto le “scatole” lungo le pareti in modo libero, come balocchi sotto l’albero di Natale, sprimentando equilibri visivi sempre più arditi: piramidi capovolte e rombi irregolari. Poi, per caso, ad alcune scatole sono spuntate le gambe e sono nati i primi “esseri scatole”: abbiamo chiamato questi nuovi amici metafisici i Balocchi, in onore di Babbo Natale.
Abbiamo collaborato con Marzia dal Febbraio 2015 fino alla realizzazione della nostra mostra Mutabor: abbiamo inserito i suoi quadri in due nostri progetti di mobili, una credenza bassa e un totem. Per noi è importante coinvolgere nel processo di creazione di un arredo esperienze e vocazioni diverse.